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MILANO «Il sorpasso della produzione italiana su quella francese ci riempie di orgoglio e ci induce a moltiplicare gli sforzi per puntare di più sulla qualità del prodotto e ridurre il gap con i francesi»: è questo il commento convinto di Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini che associa i produttori vinicoli. A questo però Gancia ha aggiunto gli appuntamenti e le scadenze che devono garantire la leadership del vino italiano, come i tavoli da aprire presso il ministero delle Politiche agricole per la distribuzione delle risorse a sostegno della promozione e dell'eccellenza. La Francia esporta meno ma con un valore nettamente superiore: troppo vino sfuso italiano? Questo è un problema e sta qui la differenza tra Italia e Francia: 20 anni fa però il gap era molto più ampio. Stiamo recuperando molto grazie a Doc, Docg e lgt e possiamo fare ancora molta strada. Quanto ai volumi, da anni c'è un alternarsi di sorpassi e contro sorpassi a causa di siccità o di altri fenomeni. Quello che però conta è che la qualità continui a crescere, aumenti la penetrazione nei mercati emergenti e l'Italia faccia sistema. Intanto però gli Stati Uniti, mercato tradizionale, è ritornato prima mercato d'esportazione. É la conferma di ciò che dicevo: il consumatore non abbandona mai la qualità. Negli Stati Uniti i consumi di vino sopra i 40 dollari si erano inchiodati a causa della crisi, ma appena fuori dal tunnel hanno ripreso a crescere. Anche considerando il processo di ristoccaggio in atto. Del resto anche il balzo giapponese (+26,4% l'export nel primo bimestre ndr) testimonia che, nonostante la tragedia, il consumatore non ti molla. I mercati emergenti si rafforzano, fino a diventare delle quasi certezze, come Russia e Cina. In quest'ultimo paese però rimane il dubbio che i consumatori siano gli occidentali che vi soggiornano. E non solo: anche l'élite cinese sta imparando a scoprire i piaceri del palato, del gusto occidentale. Potenzialmente ci sono 200 milioni di cinesi benestanti nostri clienti. I consumatori russi apprezzano molto più dei cinesi l'alcol, peccato che la Duma voglia moltiplicare gli ostacoli burocratici per frenare l'import. Quali reazioni ha sollevato la sua missione in Russia? Abbiamo sensibilizzato il governo russo e attivato i canali diplomatici italiani. Ora però è iniziato un delicato processo di lobbyng che speriamo dia i risultati sperati. Il ministro Romano ripete che sono disponibili 500 milioni nei prossimi tre anni per promuovere il vino in paesi terzi e per sostenerne l'eccellenza. Come verranno spesi? Abbiamo chiesto al ministro di aprire un tavolo che monitori questo tipo di investimenti. Ma ci sono anche le risorse collegate all'Ocm vino. Siamo però ancora in attesa di una risposta. Sul vino in Italia si paga univa del 20% ma l'accisa è zero. Che notizie avete dal fronte governativo e Ue? Aumentare l'Iva sugli alimentari è un errore gravissimo, come peraltro ha osservato Federalimentare. Sempre più spesso però si propone di aumentare le accise sugli spiriti, sulla birra e sui prodotti intermedi. Non siamo la soluzione per tutte le occasioni: l'aumento delle accise genera un supplemento di costi amministrativi rilevanti. Ad esempio il maggior costo delle cauzioni che dobbiamo accendere a favore dello Stato sugli stabilimenti di produzione e sulla movimentazione dei prodotti. Sapete cosa contiene il decreto delle Politiche agricole sui controlli dei vini a indicazione geografica? Avremo un incontro al ministero la prossima settimana, ma anticipo che per le lgt complicare il quadro regolatorio è un errore: si penalizzerebbe un prodotto che ha fatto della semplicità uno dei suoi punti di forza. Ho la sensazione che diversi cambiamenti siano stati introdotti in Italia senza procedere ad un'efficace analisi dello scenario.

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