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Nel corso della seduta di martedì 12 aprile, si è svolta presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato riunite l’audizione di Confindustria in merito all’attività conoscitiva preliminare all’esame del Documento di Economia e Finanza 2022 (Doc. LVII, n. 5). 

Di seguito un breve riepilogo dei principali punti affrontati nel corso dell’audizione del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi

  • Scenario - Lo scenario economico è dominato da tensioni e incertezze, ma la guerra si innesta su un quadro già reso difficile dal perdurare della pandemia, dall’aumento delle commodities e dai colli di bottiglia nelle catene di fornitura. 
  • Tassi di ripresa - Il tema non è chi ha ragione sul tendenziale del PIL (se il DEF o i risultati del Centro studi Confindustria. Il ragionamento da affrontare è un altro. È evidente che i tassi di ripresa si sono allentati. La guerra ha accelerato un rallentamento già iniziato prima, con il percorso di crescita che si era già interrotto. Se vediamo i dati della produzione industriale del primo trimestre 2022 abbiamo un -1,9% (gennaio negativo e ricaduta nel mese di marzo).
  • Situazione in Europa - Bisogna fare chiarezza sulla narrazione del problema. Viene raccontato che tutti in Europa vivono gli stessi problemi, ma non è vero, la situazione non è uguale per tutti. In Francia c’è un apporto molto importante del nucleare. Il Governo francese ha scelto di riservare parte della produzione dell'industria manifatturiera del proprio paese. La Germania, seppur sia vero che importa in termini assoluti più gas dell’Italia, nella realtà ne usa molto meno nella produzione di energia elettrica. La Germania ha inoltre già annunciato l’uscita dall’importazione dal gas russo nei prossimi 18-24 mesi. Ha inoltre stanziato un pacchetto di 100 miliardi per accompagnare l’industria manifatturiera nelle transizioni (nel Def nel sono annunciati 5 miliardi).
  • Consapevolezza della perdita dell’industria italiana - L’industria tedesca e francese ad ogni crisi escono più rafforzate, mentre l’Italia esce con un manifattura più debole. Passando di crisi in crisi, scopriamo la fragilità del paese, ma non si interviene se non con provvedimenti spot. È necessario avere il coraggio di fare interventi strutturali che il paese necessita.
  • Rischi per l’industria - L’Italia deve fare una scelta, che deve esser fatta già in Legge di Bilancio. Si auspica la brevità della guerra, ma non ci sono segnali in questo senso. E anche se dovesse finire, le conseguenze potrebbero protrarsi a lungo: o si difendono le filiere industriali o si rischia di far saltare la locomotiva del paese; o si riconosce l'industria come fatto di sicurezza nazionale, o l’Italia rischia in maniera forte. Un ultimo dato: il 16% delle imprese italiane ha già sospeso o ridotto le proprie produzioni. Nei prossimi 3 mesi un ulteriore 30% delle imprese rallenta o sospende le produzioni. Ciò significa che quasi il 50% dell’industria italiana sarà a produzione ridotta. Il paese non si può permettere una crisi di questa portata, e si richiede alle istituzioni una forte considerazione di tale situazione. Serve un provvedimento che vada nella direzione dell’unico fattore competitivo su cui puntare.
  • Costo del lavoro - l’unico fattore su cui intervenire in termini di competitività è il costo del lavoro. Serve un taglio contributivo del cuneo fiscale. Confindustria sostiene che nonostante ⅔ del cuneo fiscale venga pagato dalle imprese e ⅓ dai dipendenti, l’intervento di taglio deve essere al contrario: cioè ⅔ a favore di dipendenti e ⅓ a favore delle imprese. Ciò perché è evidente che occorre sostenere i redditi più bassi (di giovani e donne che soffrono nella crisi). Serve un intervento strutturale. Gli interventi spot non servono a nulla. Si tratterebbe di un intervento serio e credibile, che rilancerebbe la manifattura italiana e metterebbe più soldi nelle tasche dei lavoratori.
  • Fonte

    Link all’audizione.

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