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Oggi è un potenziale D-Day per i dazi Usa sulle importazioni di una serie di prodotti europei, compresi i vini fermi. Il 13 gennaio era infatti il termine della consultazione avviata presso gli operatori americani circa l’opportunità di rivedere il valore dei dazi (che possono salire al 100%) e la lista dei prodotti colpiti. L’amministrazione Usa entro il 15 febbraio - cioè a 120 giorni dall’entrata in vigore dei nuovi dazi maggiorati - può far scattare il “carosello” e dunque una nuova revisione. 

La consultazione. Si dovrebbe conoscere dunque a breve l’esito dell’istruttoria in base alla quale l’amministrazione Usa dovrebbe decidere di rimodulare l’elenco dei prodotti colpiti dalle nuove tariffe. In particolare la consultazione richiamava la lista dei prodotti (e la loro origine) cui sono applicati i dazi dal 18 ottobre scorso, per sapere se e quali tra di loro possano essere cancellati. Per quelli invece che rimangono in elenco si chiedeva se si debba procedere ad un aumento dei dazi fino al 100%.

Inoltre la consultazione online chiedeva di considerare un eventuale nuovo elenco di prodotti da prelevare dalle liste già pubblicate il 12 aprile ed il 5 luglio 2019 ed anche in questo caso veniva chiesto di indicare quale livello di dazi debba loro essere applicato. In quegli elenchi sono presenti i vini (tranquilli, frizzanti, spumanti, liquorosi) e molte altre tipologie di bevande alcoliche, oltre ai liquori e ai cordiali che sono già sottoposti a dazi maggiorati dal 18 ottobre scoso.

Come noto la lunga querelle che ha visto contrapposte le due sponde dell’Atlantico deriva dagli aiuti europei al consorzio produttore degli Airbus, riconosciuti dal Wto come una forma di distorsione del mercato. Il Wto ha riconosciuto agli Usa il diritto di applicare un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari di sanzioni alla Ue.

Le decisioni dell’amministrazione Usa potrebbero dunque coinvolgere prodotti inizialmente esclusi dalla prima tranche di nuovi dazi (al 25%) entrati in vigore il 18 ottobre scorso e che in Italia hanno colpito aperitivi e liquori oltre a una serie di formaggi, con il parmigiano reggiano in prima linea.

Gli Usa decideranno dunque se colpire nuovi prodotti con dazi fino al 100%. Nella peggiore delle ipotesi si tratterebbe di un colpo fortissimo al nostro export vinicolo che ammonta quasi a 1,5 miliardi di euro. Il giro d’affari del vino italiano negli Usa nel 2018 ammontava a 1.462 milioni di euro, una quota pari al 23% del totale. Un valore molto alto che verrebbe migliorato dai dati 2019 (nei primi 9 mesi dell’anno le esportazioni italiane avevano già raggiunto 1.124 milioni di euro, +4,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Se l’amministrazione Trump decidesse di ampliare la lista dei prodotti interessati e innalzare i dazi fino al 100% si rischierebbe di veder colpiti circa i 2/3 del valore dell’export del Made in Italy agroalimentare in Usa che è risultato pari al 4,5 miliardi, in crescita del 13% nei primi nove mesi del 2019. 

Le difficoltà in Usa. Anche negli stessi Stati Uniti si creerebbero non poche difficoltà. “Se l’amministrazione Usa dovesse attivare - come ne avrebbe diritto secondo le regole Wto - la cosiddetta “finestra carosello” si modificherebbe radicalmente lo scenario dei dazi” sottolinea il direttore di Federvini Ottavio Cagiano. “Questo - aggiunge - metterebbe in difficoltà anche gli stessi funzionari delle dogane americane”.

Non è da sottovalutare inoltre l’impatto che la decisione può avere per l’economia locale. Non a caso molte voci preoccupate si sono alzate anche in America, dove la filiera è in fibrillazione, dagli importatori ai distributori alle enoteche fino alla ristorazione. Tutti attori del mercato che temono la reazione dei consumatori finali. La leva sui dazi - conferma Cagiano - “potrebbe cambiare radicalmente le scelte di acquisto”.

Infatti non va dimenticato che i nuovi dazi incideranno sul valore del prodotto al momento del suo ingresso sul territorio americano. È questo nuovo valore che diventa la base per il calcolo dei successivi passaggi. Inoltre i diversi Stati hanno regimi fiscali diversi, quindi sono possibili ulteriori incrementi di prezzo. Di fatto dunque l’impatto dei nuovi dazi potrebbe essere ben più “sostanzioso”.

Non è necessariamente detto che gli Usa decidano di applicare dazi al 100%, hanno la facoltà di innalzarli fino a quella quota ma potrebbero fermarsi a percentuali inferiori.

In ogni caso la trattativa con gli Usa deve essere portata avanti a livello comunitario. Non avrebbero senso approcci bilaterali. Domani è atteso a Washington il commissario Ue al Commercio Phil Hogan, al quale si è rivolta anche la ministra delle Politiche agricole Bellanova chiedendo di profondere ogni sforzo per scongiurare che l'agricoltura e l'agroalimentare europei vengano severamente penalizzati.

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