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La "Dop economy" italiana, con 200mila imprese, vale 15 miliardi alla produzione e di 8,8 miliardi all’export, pari al 18% del valore complessivo del settore e al 20% del totale delle esportazioni. E detiene quasi un terzo delle Indicazioni Geografiche: 822 denominazioni DOP, IGP e STG su 3mila circa nel mondo. Sono i numeri del Rapporto sull’Industria alimentare in Italia, stilato dalla Luiss Business School e presentato ieri a Roma in occasione del 1° Convegno di Federalimentare “Industria alimentare: cuore del Made in Italy”. Presenti all'incontro, oltre al presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, Paolo De Castro, vice presidente Commissione Agricoltura Parlamento Europeo, e il Ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio.

“Sono dati - ha commentato Vacondio - che mostrano un miracolo tutto italiano: quello del saper fare delle nostre aziende, dai top player alle PMI, che trasformano le materie prime italiane e straniere in un prodotto lavorato e richiesto in tutto il mondo”. Nel nostro Paese, infatti, nel settore alimentare operano oltre 56mila imprese per un fatturato che supera i 140 miliardi di euro, di cui quasi 35 derivanti dalle esportazioni, con un trend in continuo aumento che nel 2018 ha segnato un +2,8% rispetto al 2017 e un +25,2% rispetto al 2013. 

Il Made in Italy è riconosciuto ovunque come un vero e proprio brand, sinonimo di qualità, grazie a ingredienti semplici ma di elevato livello e un processo produttivo e un know how unico al mondo. “L’industria alimentare italiana – ha ricordato Vincenzo Boccia – è un fiore all’occhiello dell’intero apparato produttivo nazionale, il secondo settore manifatturiero dopo quello dei macchinari con una proiezione sui mercati internazionali che continua a crescere nonostante le difficoltà congiunturali che stiamo vivendo. Gli stati generali convocati dal presidente di Federalimentare Ivano Vacondio saranno l’occasione per dare ulteriore slancio a questo vero e proprio campione del Made in Italy”.

In questo sistema, però, non mancano le criticità. A cominciare dalla frammentarietà delle imprese, in maggioranza (98%) piccole e micro e solo l’1% della totalità con più di 250 dipendenti, che avrebbero necessità di presentarsi sui mercati esteri come un sistema produttivo compatto e portatore di valori unitari, anziché come un agglomerato di brand differenti.  “Dobbiamo costruire chance per raggiungere quei mercati che oggi non possediamo o rafforzare quelli in cui siamo entrati – ha auspicato Vacondio. In entrambi i casi non possiamo essere lasciati soli dalla politica. L’interazione tra il sistema delle imprese e le istituzioni è fondamentale e l’incontro di oggi è un auspicio in questo senso, a nome di tutta l’industria alimentare, a fronte di uno scenario politico ed economico difficile, tra dazi Usa e Brexit, che rischia di minare le esportazioni. Alla politica chiediamo di mettere in atto azioni volte a valorizzare i nostri prodotti e di contrastare chi squalifica l’industria. Con una situazione interna più stabile e un aiuto sull’estero, l’industria alimentare diventerà un player finalmente in grado di guadagnarsi il ruolo di leader internazionale della qualità”.

Paolo De Castro, vice presidente Commissione Agricoltura Parlamento Europeo: “Il futuro Parlamento europeo dovrà battersi per fornire all''industria alimentare italiana gli strumenti necessari per generare valore aggiunto ai livelli dei suoi concorrenti Ue. I produttori, dal canto loro, dovranno essere capaci di fondare un patto fiduciario con i consumatori, all’insegna della qualità del prodotto e del processo di produzione. Agricoltura, industria e cittadini europei devono muoversi insieme, consci di essere necessari gli uni agli altri”.

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