Il vino italiano dribbla la <<sindrome cinese>>. Pechino ha annunciato di aver chiuso l'indagine antidumping sul vino europeo aperta nello scorso luglio, un'indagine che avrebbe potuto sfociare in danni rilevanti per il settore. Ma la sola minaccia (l'unica azienda italiana coinvolta era uscita dall'inchiesta già ad agosto) è bastata per produrre pesanti danni. Nel 2013, infatti, l'export di etichette made in Italy in Cina (forse il più promettente dei nuovi mercati) è crollato in volume del 33%. E molto male è andata anche ai francesi visto che il Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux ha denunciato perdite tra il 16 e il 18 per cento. La minaccia cinese però ora viene finalmente archiviata e in un clima più sereno anche i produttori italiani potranno investire gettando le basi per una risalita. Prima si riparte, però, meglio è. Visto che di strada da fare ce n'è molta. Basti pensare che l'Italia è il terzo fornitore di Pechino ma detiene una quota di appena l'8% del mercato. La Francia, da sola, oltre il 50%.
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