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Nelle ultime ore si è aperta la polemica sul vino "dealcolato" che avrebbe ricevuto il via libera della Ue e molti hanno gridato allo scandalo del vino annacquato. Ecco in realtà come stanno le cose.

La parziale apertura ai cosiddetti vini dealcolati si è registrata durante i negoziati inter-istituzionali in merito al regolamento sull'Organizzazione comune dei mercati che entrerà in vigore nel 2023, insieme alla futura Pac.

Il 26 marzo scorso al Trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue si è discusso di un possibile accordo che apra alla pratica di eliminazione dell'alcol nei vini da tavola, e solo parziale in quelli a Indicazione geografica. La proposta ha trovato il sostegno di molti Stati membri. "Noi restiamo convinti che un vino senza alcol non può essere definito tale - precisa Paolo De Castro, coordinatore S&D ComAgri al Parlamento europeo -. Per questo il Parlamento si è sempre espresso contro, anche se comprendiamo le opportunità commerciali e d'export che vini a basso tenore alcolico avrebbero in alcuni mercati, anche per fronteggiare la concorrenza di altri prodotti alcol-free, e in tutti quei Paesi dove si consumano solo bevande analcoliche".

Va precisato però, specifica l'europarlamentare, che "nessuna norma potrà essere imposta ai viticoltori, perché la scelta finale su un'eventuale modifica del proprio prodotto rimarrà nelle loro mani, con i necessari cambiamenti dei rigidi disciplinari interni di produzione".

Del resto la problematica non è nuova. "Dal 2008 la OCM vino ha tolto la esclusività dell’impiego della parola “vino” al solo prodotto ottenuto da uve fresche - chiarisce il presidente di Federvini Sandro Boscaini - anche in caso di locuzioni (es. vino di frutta). Quella OCM consentì agli Stati Membri di adottare norme nazionali per regolare tali situazioni. Francia, Spagna e Germania, ad esempio, adottarono norme nazionali che definivano il “vino dealcolato” e il “vino parzialmente dealcolato”. L’Italia si è limitata a consentire alcune eccezioni nel caso di prodotti “tradizionali” (ad esempio il vino di ciliegia)”.

Oggi l’Ue riprende la questione dando una cornice unica. "Lo consideriamo un passo necessario ed utile - continua Boscaini -. Inoltre la Ue afferma che le pratiche devono essere disciplinate all’interno della legislazione vitivinicola: così si resta vincolati agli importanti parametri legislativi europei anche in termini di pratiche enologiche e presentazione. Il rischio di vedere delle DO dealcolate è inesistente a meno che i produttori non decidano di modificare i propri disciplinari: a conferma che i produttori restano i custodi delle caratteristiche della propria denominazione".

"In ogni caso - sottolinea De Castro - alla base di qualunque decisione e futura norma in materia, le informazioni riportate sulle etichette dovranno essere chiare per tutti i consumatori, dando loro la possibilità di compiere scelte di acquisto pienamente informate anche in merito alle pratiche enologiche eventualmente utilizzate per consentire l'estrazione di alcol, soprattutto nel caso in cui questo avvenga tramite l'aggiunta di acqua".

Sull'argomento non si è ancora arrivati a una decisione definitiva, l’ultimo trilogo ci sarà il 23, 25 e 26 maggio, e non è escluso che possa essercene un altro a giugno prima della conclusione definitiva dell’accordo inter istituzionale Parlamento-Commissione-Consiglio.

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