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Tra gli effetti della mancata formazione del Governo c’è un impasse che riguarda il mondo del vino. Le dimissioni del ministro Martina prima e l’incertezza sui tempi del nuovo esecutivo poi hanno di fatto bloccato l’approvazione di nuovi disciplinari (o la loro modifica) in assenza di un Comitato vini nel pieno delle sue prerogative.

Il Comitato per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche è di fatto scaduto il 31 dicembre scorso. In previsione della scadenza del mandato del precedente Comitato, ad inizio agosto il Ministero aveva richiesto le designazioni per procedere alla definizione di quello nuovo.

Pur con alcune incertezze legate al nuovo decreto in materia di incompatibilità, a novembre la rosa dei candidabili era pronta; a quel punto è cominciata una ridda di voci sul candidato Presidente e, anche in questo caso, sulle possibili incompatibilità.

Poi sono intervenute le dimissioni del ministro Martina e la nomina ad interim del presidente Gentiloni quale ministro delle Politiche agricole: ma il testo del decreto è rimasto fermo.

Ad oggi - sottolinea il direttore generale di Federvini Ottavio Cagiano de Azevedo - non essendo state attivate le procedure di salvaguardia sono più di cinquanta le richieste giacenti di modifica dei disciplinari.

Ma andiamo con ordine.

Dal 1963 il Comitato è stato al centro della procedura di creazione-modifica di un disciplinare. In passato il parere era obbligatorio e rilevante, nel tempo la sua indispensabilità è rimasta nella procedura ma non nei contenuti perché è subentrato il riconoscimento europeo.

Oggi si potrebbe affermare che il passaggio al Comitato “rallenta” la procedura perché vengono esaminate questioni che dovrebbero essere state già valutate dalle Regioni e dal ministero e non rappresenta il punto finale perché l’ultima parola spetta a Bruxelles.

Il Comitato potrebbe mantenere un suo ruolo rilevante se fosse concentrata la sua attività sulla strategia di valorizzazione delle denominazioni e indicazioni geografiche, trasformandosi in un organo di consultazione-orientamento e uscendo dalla procedura burocratica-amministrativa di approvazione di un disciplinare.

La legge 238/2016 (Testo unico del vino) ha riproposto ruoli e compiti già previsti dal decreto legislativo 61/2010: l’elemento di novità è rappresentato dalla definizione della “incompatibilità”, fissata anche con un decreto applicativo, per i componenti. Ad agosto 2017 sono state richieste le designazioni. Il comitato è composto da 20 persone in tutto: provengono da designazioni delle categorie vitivinicole, dagli enotecnici, dagli agronomi (per la prima volta come novità contenuta nella legge 238), dalle Regioni e dal ministero. A queste designazioni si aggiungono gli esperti di nomina del ministro e la figura del presidente.

A fine novembre sembra sia stato definito il quadro delle designazioni, salvo quelle di competenza del ministro. Ipotizzando che i nodi si sciogliessero rapidamente, il ministero non ha attivato la fase di interim che avrebbe consentito al vecchio comitato di operare finché non fosse stato nominato il nuovo.

Situazione di stallo: il vecchio comitato non c’è più e non può essere recuperato; il nuovo non c’è perché il decreto non è stato firmato da Martina prima delle dimissioni, poi è stato nominato ministro ad interim il presidente Gentiloni che ha citato la questione del comitato nel suo intervento a Vinitaly… Ma da allora, nessuna novità.

Non si possono discutere le richieste di nuovi disciplinari o semplicemente delle modifiche, i tempi tecnici di discussione (incluso un decreto) non consentono di mettere in atto le modifiche per la prossima campagna vendemmiale che inizierà il 1° agosto 2018. Le richieste di intervento riguardano anche grosse denominazioni, come il Chianti. Che si aspetta?

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