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Il susseguirsi degli eventi conseguenti al diffondersi del Covid-19 in Italia è stato rapido e imprevedibile, come è normale attendersi in un’emergenza mai gestita in precedenza e difficilmente immaginabile nelle dimensioni. Iniziative in origine apparse a molti esagerate e fuori luogo, in pochi giorni sono risultate insufficienti in una rincorsa che, se da un lato ha mostrato un’inattesa capacità di reazione in molte componenti della società, dall’altro non ha dato tempo di capire immediatamente la portata del problema.

Il settore agroalimentare è apparso da subito al centro dell’attenzione. Sul fronte dei consumatori c’è stata un’immediata reazione istintiva all’accaparramento di beni alimentari e sul fronte politico la consapevolezza che il buon funzionamento della filiera e la capacità di assicurare l’approvvigionamento alimentare rappresentasse un segnale impor- tante sia dal punto di vista economico che sociale.

L’Italia si presentava ad affrontare il mercato vinicolo 2020 con un ruolo importante: nel 2019, infatti, oltre ad avere confermato la leadership mondiale a livello produttivo con 47,5 milioni di ettolitri, aveva anche riconquistato il primato, seppure di misura, nelle esportazioni a volume che avevano raggiunto i 21,6 milioni di ettolitri di vino (+10%) contro i 21,4 milioni della Spagna. Allo stesso tempo, la presenza di 48 milioni di ettolitri di scorte, portava la disponibilità della campagna a 95,5 milioni di ettolitri contro i 94,9 milioni di quella precedente (54,8 milioni di hl di produzione e 40 milioni di giacenze).

Il 2020 era comunque iniziato con incognite importanti. Una su tutte i dazi americani che, seppur non nell’immediato, rappresentavano una possibile minaccia per il settore (do- vendo essere rivisti all’inizio dell’estate). A questo, si era poi aggiunto il rallentamento dell’economia cinese, peraltro accentuato dalla crisi sanitaria che si stava manifestando già dall’inizio dell’anno e, in ambito europeo, le tensioni legate alla definizione della Brexit.

A ciò è poi subentrata l’emergenza sanitaria globale derivante dalla rapida diffusione del Coronavirus, con l’attivazione di misure che hanno rapidamente portato in lockdown ampie aree geografiche, sia in Europa che nel resto del mondo. Tra i paesi interessati, ce ne sono diversi che rivestono un ruolo molto importante per il vino italiano, come ad esempio il Regno Unito e gli Stati Uniti. A pesare è soprattutto il forte ridimensionamento della domanda da parte dell’Horeca, il principale canale per il consumo in questi Paesi. Facendo una stima molto approssimativa, e tenendo conto di due mesi di difficoltà a livello mondiale, potrebbero essere a rischio esportazioni per quasi un miliardo di euro. Chiaramente, tutto dipenderà da quando e con quale ritmo riprenderanno i consumi, soprattutto fuori dalle mura domestiche. Se nelle prime settimane della crisi sono risultati abbastanza regolari gli ordini e le consegne verso i principali paesi esteri, il fermo totale dell’Horeca ha reso estremamente preoccupante la situazione soprattutto per il prodotto di gamma più alta portando al blocco di alcuni contratti e al mancato rinnovo di altri.

In tema di domanda interna, invece, è stata registrata una richiesta sostenuta – almeno fino alla metà di marzo – da parte della GDO che ha addirittura generato un aumento delle uscite dalle cantine. Il calo della domanda complessiva, tuttavia, si sta concretizzando in maniera evidente in questi giorni e si pensa si protrarrà per diverse settimane. L’aumento della domanda da parte della GDO, importante ma comunque inferiore alla media complessiva, non riuscirà a compensare le perdite accumulate, non tanto in volume, quanto a valore, essendo le produzioni medio-alte quelle che trovano maggiore collocazione nel canale Horeca. La chiusura di alberghi, agriturismi e ristoranti, poi - oltre a sottrarre un naturale sbocco per le produzioni nazionali - ha anche annullato un validis- simo supporto promozionale dei prodotti verso gli acquirenti italiani e stranieri.

In questa fase emergenziale, il settore sta anche fronteggiando alcune difficoltà di tipo logistico che riguardano l’approvvigionamento di materiale di confezionamento. Molte vetrerie, per esempio, sono in Veneto e Lombardia e lavorano a ritmo ridotto, così come alcuni prodotti, quali etichette/cartoni, necessitano di materie prime spesso proveniente dall’estero con qualche difficoltà.

Nonostante la situazione, i prezzi all’origine risultano sostanzialmente stabili nelle prime settimane interessate dai decreti restrittivi.

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Ciò soprattutto in relazione al fatto che si tratta di un prodotto stoccabile. Non bisogna tuttavia trascurare che nel mese di agosto prenderà il via una nuova vendemmia che, stante l’attuale situazione di mercato, potrebbe rivelarsi critica per le cantine, la cui capacità di immagazzinaggio è ovviamente limitata. Pertanto, qualora nei prossimi mesi la situazione fosse ancora in stallo, potrebbero tornare utili interventi volti a favorire la ridu- zione delle scorte di vino, così come misure (es. vendemmia verde) per alleggerire la pros- sima vendemmia.

A tale riguardo, si segnala la richiesta di questi giorni (Assodistill e Alleanza della cooperazione) di procedere a una distillazione volontaria, in modo da alimentare le distillerie con alcool da destinare alla produzione di igienizzanti.

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