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La ripresa ci sarà. A partire da quest'anno. Ma non tutto tornerà come prima. Lo certifica ICE-Agenzia nell'annuale Rapporto sull'"Evoluzione del commercio con l'estero per aree e settori", elaborato con Prometeia. Il Rapporto rappresenta un punto di riferimento sull'evoluzione della domanda internazionale e fornisce agli esportatori italiani utili strumenti quantitativi e prospettici per orientare correttamente le proprie strategie d'internazionalizzazione.

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Il 2020 si è chiuso con una caduta degli scambi mondiali poco superiore al 7% su base annua. Eccezionale per intensità e diffusione su scala globale (quasi il 90% dei mercati analizzati nel Rapporto sperimenterà un calo dell’import), il carattere non strettamente economico della crisi rappresenta un elemento di profonda incertezza per lo scenario di breve termine. Allo stesso tempo supporta l’idea che, una volta superata l’impasse sanitaria, il recupero possa prendere slancio e risultare più intenso rispetto alla ripresa stanca che ha segnato gli scambi dopo la flessione del 2009.

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Il Rapporto stima nel 2021 una ripartenza del commercio internazionale del 7,6% in volume. Con un’ulteriore crescita del 5,3% nel 2022, la ripresa andrà consolidandosi, riportando le importazioni delle aree/mercati analizzate sui livelli di prima della crisi. Si tratta con tutta evidenza di prospettive coerenti con le informazioni oggi disponibili sullo stato dell’epidemia nei vari paesi, ma soprattutto nell’ipotesi di una progressiva accelerazione e maggior diffusione su scala globale del piano di vaccinazione. Rimangono, quindi, previsioni soggette a incertezza, che andrebbero certamente riviste se emergessero strozzature sul fronte di un’immunizzazione di massa, condizione necessaria per il rientro dello stato di emergenza.

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Il recupero di domanda atteso in molti mercati già per il 2021 non si tradurrà in ogni caso in un ritorno al passato in senso stretto. La crisi del 2020 porta con sé una modifica dei fattori competitivi che favoriscono il successo delle imprese sui mercati internazionali. Lo shock ha evidenziato, per esempio, una riorganizzazione emergenziale di alcune filiere con un’intensificazione degli scambi intra-area che potrebbe accelerare quei processi di regionalizzazione già sottotraccia prima della crisi. Nel continente asiatico l’anno della pandemia è stato per esempio anche l’anno del più grande accordo di libero scambio mai siglato, un’intesa che può modificare gli equilibri competitivi in una delle aree (i paesi firmatari assorbono già l’8% dell’export italiano) a maggior potenziale in chiave prospettica.

Come cambierà nei prossimi anni la mappa geografica delle opportunità per le imprese italiane? La crisi ha messo in luce punti di forza e di debolezza dei diversi paesi, arrivando a rompere legami bilaterali consolidati o facendone emergere di nuovi. Se sui mercati di maggior radicamento è auspicabile che lo shock sanitario abbia solo messo in pausa le forniture, per quelli dove queste avevano carattere più estemporaneo occorrerà una vera e propria ricostruzione, soprattutto tra le PMI in cui solo una parte esporta in maniera stabile e continuativa.

Così come la mappa geografica delle opportunità, anche quella dei fattori competitivi subirà modifiche dopo l’emergenza. Nell’ambito dei beni di consumo la crisi si è riflessa per esempio in una rimodulazione dei valori di riferimento che ispirano i comportamenti d’acquisto. Un nuovo set di preferenze condizionerà in altre parole le scelte e le propensioni di spesa tra i settori, andando ad aggiungersi agli impatti strettamente quantitativi legati alla caduta dei redditi e all’aumento di risparmio messi in luce in questi mesi. Gli aspetti salutistici dei consumi per esempio risulteranno premianti anche dopo il superamento della crisi sanitaria, mantenendo la filiera agroalimentare tra quelle più attrattive.

Alcuni concetti chiave dello sviluppo industriale degli ultimi anni sono usciti rafforzati dalla crisi Covid. È il caso, per esempio, delle tematiche green e della digitalizzazione, argomenti intorno a cui sono oggi organizzate le politiche industriali e di rilancio messe in campo da governi e istituzioni pubbliche

Lo spirito di collaborazione e la resilienza collettiva dimostrata nei mesi più difficili dell’emergenza possono trovare un senso e un obiettivo nel rilancio dell’internazionalizzazione, una crescita dell’export come condizione necessaria per un recupero industriale che è, prima di tutto, funzionale a un recupero dei livelli di benessere minacciati dalla pandemia dell’ultimo anno.

 

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