Per il vino italiano la ripresa è un dato di fatto.
Ma per rafforzare la posizione di prodotto simbolo dell'alimentare made in Italy, non basta assecondare la congiuntura.
Bisogna anche introdurre correttivi per sciogliere i nodi strutturali che ancora ingessano il settore.
Il vino rappresenta un quinto dell'intero export alimentare italiano e, dopo aver chiuso positivamente il 2010 (l'export è cresciuto di quasi il 12% toccando la cifra record di 3,9 miliardi di euro), è partito anche nel 2011 all'insegna della crescita.
Nei primi due mesi dell'anno il valore delle vendite all'estero ha messo a segno un ulteriore +15,1% trainato dal +31,8% degli Usa, ma anche dall'impennata della Russia (103%) e della Cina (151%).
Un trend positivo che, nel corso dell'assemblea di Federvini, è stato rimarcato anche dal direttore dell'Organisation internationale de la vigne et du vin (Oiv), Federico Castellucci. «Nel 2010 - ha detto Castellucci - le vendite all'estero di vini italiani e francesi hanno superato quelle dei nuovi produttori, ovvero Cile, Australia e Nuova Zelanda. Un sorpasso che non si registrava da 15 anni».
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