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29 Ottobre 2025

Assoenologi: “fare squadra e comunicare meglio per tutelare il futuro del vino”

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di Vittoria Alerici | in 
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«Il vino sta attraversando un momento delicato, di riflessione e di revisione, ma non di pericolo.Nella mia lunga carriera ho visto crisi anche più grandi di questa risolversi pienamente: il vino italiano ha sempre saputo rinascere, riconquistando il suo posto come prodotto simbolo dell’agroalimentare nazionale. Siamo i più grandi produttori al mondo e i più ricchi di biodiversità, territori e cultura, ma dobbiamo continuare a raccontarlo con forza, perché altrimenti rischiamo di essere superati da Paesi che non hanno la nostra storia né la nostra tradizione. Il futuro del vino italiano dipende dalla nostra capacità di fare squadra e di comunicare meglio ciò che siamo: un patrimonio unico, che rappresenta l’anima e la cultura del Paese». È quanto ha dichiarato il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella - al Congresso Nazionale FISAR 2025 durante il convegno “Il vino come strumento di valorizzazione del Made in Italy”, che ha riunito alcune tra le voci più autorevoli del panorama vitivinicolo italiano per discutere le sfide e le prospettive del settore.
Il convegno si è svolto in un momento di particolare attenzione per il comparto vitivinicolo, influenzato dai nuovi dazi statunitensi e da un rallentamento temporaneo dell’export. Secondo i dati Ismea, gli importatori americani hanno anticipato le forniture nei primi mesi dell’anno, generando un effetto-scorta che ha alterato i flussi di vendita. Allo stesso tempo, il mercato intercomunitario rappresenta oggi circa il 40% delle esportazioni complessive, segno di una filiera che, pur tra luci e ombre, continua a dimostrare solidità. Non si delinea quindi uno scenario di crisi strutturale, ma piuttosto una fase di assestamento che richiede un riequilibrio e una comunicazione più chiara e responsabile, capace di valorizzare il ruolo strategico del vino per l’immagine e l’economia del Paese.

«Oggi l’Italia conta circa 530 denominazioni di origine e indicazioni geografiche, espressione di oltre 500 vitigni - ha ricordato Michele Zanardo, presidente del Comitato Nazionale Vini DOP e IGP -.Una ricchezza straordinaria, ma anche fragile: dieci denominazioni coprono il 50% del vino italiano esportato. È un dato che deve far riflettere: occorre lavorare insieme per valorizzare anche i territori minori e garantire una sostenibilità economica oltre che ambientale. L’Italia è stata tra i primi Paesi europei a dotarsi di una legge sulle denominazioni nel 1963: sessant’anni di storia che fanno del nostro modello un riferimento per l’Europa. Ma questa storia va rinnovata, perché il vino non è solo un prodotto economico, è una forma di civiltà».

 

 

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