Studi e Ricerche

L’export rimane uno dei principali fattori trainanti dell’economia italiana. E’ aumentato del 16,9% dal 2008 al 2018, nonostante il tasso di crescita del prodotto interno lordo sia ancora di oltre tre punti percentuali inferiore ai livelli pre-crisi. Un risultato più che positivo se si considerano le tendenze in atto al di fuori del nostro Paese. Secondo le stime diffuse dal Fondo monetario internazionale, la crescita del commercio a livello mondiale nel 2019 si aggirerà intorno al 3,4%, in calo rispetto al 2018 e al 2017 quando si è attestata rispettivamente al 3,8 e al 5,4%.

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Tra le cause la Brexit, la sfida commerciale e tecnologica tra Stati uniti e Cina, il rallentamento dell’industria mondiale dell’automotive e le tensioni tra Usa e Unione europea. Sono questi alcuni dei dati più rilevanti che emergono dal Rapporto Ice 2018 – 2019 “L’Italia nell’economia internazionale” presentato a Napoli nei giorni scorsi alla presenza del vicepremier Luigi Di Maio, del sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico Michele Geraci e del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.

Nel 2018 la crescita delle esportazioni italiane è stata trainata dal mercato dell’Unione Europea (+4,1%) più che dalle aree extra-Ue (+1,7%). Nella stessa occasione è stato presentato anche l’Annuario dell’Istat, secondo cui la Germania e la Francia rimangono i nostri più importanti mercati di sbocco: rispettivamente acquistano il 12,6 e il 12,5% dell’export italiano. Al terzo posto della classifica dei partner commerciali del nostro Paese ci sono gli Stati Uniti, che importano il 9,2% delle nostre merci. Seguono la Spagna, con il 5,2%, e il Regno unito con il 5,1. Rimangono invece indietro le aree extra-Ue come, ad esempio, Russia, Turchia e Paesi Opec che sempre nel 2018 hanno importato tutti insieme dall’Italia complessivamente un volume di merci pari all’1,7%.

2.jpgNona esportatrice al mondo, nel 2018 l’Italia ha totalizzato a livello globale una quota di export del 2,9% che nell’ultimo anno è cresciuta anche grazie alle relazioni commerciali con il Nord America e con i mercati asiatici di Giappone e Corea del Sud. Diverso il caso della Cina, per cui l’Italia è il quarto partner tra i Paesi dell’Unione europea e il ventiquattresimo a livello mondiale. Al momento la quota italiana in Cina si aggira intorno allo 0,9%, ma il rapporto riconosce gli ampi margini di miglioramento. Sul rallentamento nelle aree extra-Ue hanno influito anche l’apprezzamento dell’euro, l’aumento delle tensioni nelle politiche commerciali e la debolezza di alcune tradizionali aree di sbocco nel Mediterraneo e in Medio Oriente.

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L'export italiano di beni e servizi  oggi rappresenta circa il 32% del Pil e contribuisce a un saldo positivo della bilancia commerciale di 44 miliardi di euro, pari al 2,2% del Prodotto interno lordo. Nei primi cinque mesi di quest’anno la crescita dell’export italiano sull’analogo periodo dell’anno precedente è stimata del 4%, nonostante un contesto del commercio mondiale colpito dal protrarsi dei già indicati fattori di incertezza, cui si aggiunge un generale rallentamento del settore mondiale dell’automobile.

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Ma quali sono i settori di punta del commercio estero del nostro Paese? A guidare la classifica sono i macchinari che, con un valore di quasi 82 miliardi di euro, rappresentano il 17,7% del totale delle merci esportate. Seguono i prodotti tessili, che valgono oltre 52 miliardi, e i mezzi di trasporto. I prodotti alimentari, bevande e tabacco valgono 35 miliardi (+2,5%) e rappresentano il 7,6% dell'export. Tuttavia le variazioni più importanti sono state registrate nei settori dei beni intermedi: il farmaceutico, l’Ict e il comparto della moda hanno registrato tassi di crescita superiori alla media.

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L’economia italiana è fortemente caratterizzata da una grande presenza di piccole e medie imprese; non sorprende - si legge ancora nel report - guardando alla classe dimensionale delle aziende esportatrici che, a confronto con gli altri principali paesi dell’Eurozona, la distribuzione delle esportazioni in Italia sia fortemente orientata verso le imprese di piccola e media dimensione. Le circa 9.600 medie imprese italiane hanno fatto registrare nel 2016 un valore delle esportazioni di 11 milioni per impresa, quasi il doppio di quello delle medie imprese francesi, spagnole e tedesche. Il riflesso di questa caratteristica è l’alto numero di esportatori abituali, un totale di 125.920 nel 2017, e l’opportunità, anche con il supporto del Sistema Paese, di espanderne ulteriormente il numero.

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