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Ieri la Commissione europea ha pubblicato le previsioni economiche di primavera. Secondo i dati raccolti, l'invasione russa dell'Ucraina sta esacerbando i venti contrari alla crescita dell'intera Eurozona, che rallenterà al 2,7% nel 2022 e al 2,3% nel 2023. La Commissione ha così tagliato le precedenti stime di febbraio, che davano il Pil al 4% nel 2022 e al 2,7% nel 2023.
Vola invece a livelli record l'inflazione: nel 2022 toccherà il 6,1% (contro il 3,5% previsto a febbraio), trainata dai prezzi dell'energia, mentre si prevede un'attenuazione al 2,7% nel 2023. La Commissione ha avvertito che, in caso di uno stop del gas russo, quest'anno l'Europa tornerebbe a tutti gli effetti in recessione, evocando lo spettro della stagflazione. Lo "scenario di base" delle stime della Commissione non prevede alcuna grande interruzione di fonti di energia e prende in considerazione fattori di resilienza che dovrebbero ammorbidire l'impatto della guerra, mentre nello scenario peggiore, un’interruzione del gas russo costerebbe all'Europa nel 2023 un punto di crescita e oltre l'1% in termini di inflazione: in altri termini, il 2,5% della crescita e il 3% del tasso di inflazione. 

Il dato più significativo di queste previsioni è che la locomotiva tedesca è in seria difficoltà. La possibilità di un'interruzione improvvisa della fornitura di gas dalla Russia comporta un significativo rischio al ribasso per le prospettive economiche della Germania. Sebbene la Germania stia intensificando i passi per ridurre la sua dipendenza dall'energia russa, diversificando i fornitori e accelerando l'adozione delle energie rinnovabili, tuttavia, nel breve-medio termine, i prezzi ancora elevati dell'energia potrebbero deprimere la produzione in settori chiave nelle prime fasi della catena del valore, come metalli e prodotti chimici. Non solo: l'incertezza sull'esito della guerra in Ucraina avrà un impatto negativo anche sugli investimenti.
Sulla base di queste considerazioni, la Commissione europea ha così tagliato di due punti le stime formulate lo scorso febbraio, quando la crescita del Pil era stata data al 3,6%.
Quest'anno Berlino registrerà una crescita del Pil dell'1,6%, il penultimo posto insieme alla Finlandia (ultimo posto all'Estonia, che si ferma all’1%).

Stime sull'Irtalia

Ieri la Commissione europea ha tagliato anche le stime di crescita per l’Italia: il Pil dovrebbe scendere al 2,4% nel 2022 e rallentare all'1,9% nel 2023, rispetto al 4,1% e al 2,3% previsti a febbraio: la guerra ha un impatto fortissimo su catene di approvvigionamento e prezzi. Secondo i dati, la crescita italiana del 2022 è attribuibile a un effetto di trascinamento legato alla rapida ripresa registrata nel 2021, ma a causa dell'attuale contesto geopolitico, le prospettive restano soggette a pronunciati rischi al ribasso.
La Commissione riconoscendo che l'Italia è uno dei maggiori importatori di gas naturale russo tra i Paesi dell'Ue, ha ammesso che sarebbe gravemente colpita da eventuali brusche interruzioni dell'approvvigionamento.
Le previsioni sul tasso di inflazione sono invece state riviste al rialzo: in Italia l’inflazione sfiorerà il 6% (attestandosi al 5,9%, due punti percentuali in meno della media dell'eurozona) quest'anno per raggiungere poi una media del 2,3% nel 2023.
Nel febbraio scorso, infatti, l'Esecutivo Ue stimava un tasso di inflazione al 3,8% nel 2022, per poi scendere all'1,6% nel 2023. Anche in questo caso, la guerra in Ucraina ha esacerbato le preesistenti strozzature nelle forniture alimentari e pressione sui costi. Con questi tassi, le retribuzioni reali, ossia quelle parametrate al costo della vita, continueranno a diminuire durante tutto il 2022 ma, a differenza degli altri paesi Ue, la perdita di potere d'acquisto proseguirà anche nel 2023.
Per quanto riguarda infine deficit e debito, questi restano alti, sebbene la spesa corrente sia diminuita in maniera significativa anche in seguito al graduale abbandono delle misure fiscali legate alla pandemia.
Secondo la Commissione, il deficit italiano, dal 7,2% dell'anno scorso, nel 2022 si attesterà al 5,5% per scendere al 4,3% l'anno successivo; mentre il debito pubblico, dal 150,8% del 2021, calerà al 147,9% quest'anno e al 146,8% nel 2023. Le stime non includono recenti misure di spesa del valore pari allo 0,3% del Pil.

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