Protagonisti

Qual è la percentuale dell’export della sua azienda che va sul mercato americano?

La nostra quota di export verso gli Usa è intorno al 35%. Abbiamo iniziato ad essere presenti su quel mercato tantissimi anni fa. Ci sono documenti degli anni Venti che lo confermano e addirittura una sorella di mio nonno si era trasferita lì per sovrintendere alle vendite. 

Rispetto ai vostri mercati di destinazione gli Usa in quale posizione sono?

In seconda posizione. Il nostro primo Paese di destinazione è la Germania. Negli Stati Uniti siamo conosciuti ovviamene per l’Amaro e per il Limoncello. La nostra presenza si è strutturata negli anni Ottanta ed è continua dal 2000.

Avete già quantificato i possibili mancati ricavi per il 2020?

Più che mancati ricavi sarà un mancato guadagno e si attesterà intorno al 15%. 

State valutando insieme ai vostri distributori negli Usa l’opportunità di cambiare strategia di mercato per far fronte alla possibile (ed auspicata) temporaneità dei dazi?

Non volevamo riversare l’aumento del prezzo dovuto ai nuovi dazi sulle spalle dei consumatori finali e dunque abbiamo deciso di accollarci il peso dei dazi al 50% con il distributore per non impattare sui prezzi di mercato. Il nostro distributore è molto preoccupato, anche se continua a sostenere che i dazi verranno tolti.

Avevate conseguito risultati concreti dalle recenti operazioni di promozione portate avanti in Usa da Federvini in collaborazione con Ice?

Sono  state iniziative molto utili. Ci hanno consentito di creare nuove relazioni con operatori del settore e di ottenere grande visibilità. Per noi che non siamo ancora così impattanti sul mercato è molto importante creare un legame diretto con i barman e chi opera nell’horeca, in questo senso aver legato le iniziative al Bartender Guild è stato ottimale.

Se ci fosse qualche azione da aggiungere cosa suggerireste?

Secondo me è importante partecipare alle fiere più significative. Siamo già stati presenti al Brooklyn Bar Show, credo varrebbe la pena di valutare la partecipazione alla fiera di Portland, in Oregon. La scena del bartending sulla costa ovest è molto vivace. Sarebbe molto utile anche ripetere le iniziative di incoming degli operatori in Italia.

In quali stati USA siete prevalentemente presenti?

Soprattutto a New York, in Illinois, California e New Jersey. Stiamo crescendo bene in Florida e Texas.

Avete subito la concorrenza sleale di qualche prodotto assimilabile al vostro, realizzato da aziende statunitensi? Se sì, quale?

Non si può parlare di concorrenza sleale ma purtroppo sono nati molti amari e limoncelli locali. Che possono stare sul mercato a prezzi più bassi.

Purtroppo non abbiamo difese: avremmo dovuto tutelare per tempo denominazioni come Amaro, Limoncello, Sambuca…

Puntate più sull’Horeca o sul consumatore finale?

Principalmente sull’horeca, la proposta diretta al consumatore finale è prematura per noi, non abbiamo risorse adatte a massicce operazioni di marketing.

Ritenete utili e sufficienti le misure proposte dagli emendamenti alla legge di Bilancio in discussione alla Camera per attenuare l’effetto dei dazi americani sulle aziende del comparto?

Sono azioni che certamente aiutano, ma non bastano. Questo settore continua a soffrire di un pregiudizio negativo, nonostante la grande tradizione e l’heritage di aziende familiari e storiche.

Avete eventualmente qualche proposta alternativa o aggiuntiva?

Sicuramente la diminuzione delle accise su alcol. E l'eliminazione del sigillo di Stato, che è antistorico. In altri Paesi ci si limita ad apporre un bollino. Il Governo potrebbe trovare strumenti alternativi per venirci incontro: decontribuzione sulle assunzioni, finanziamenti agevolati per lo sviluppo sui mercati esteri… 

Quanto pensa potrebbe essere utile una nuova massiccia campagna sul mercato Usa (portata avanti da Ice) per sostenere il valore del vero Italian Spirit?

Sarebbe assolutamente interessante. Penso che si dovrebbe investire sul web marketing e cercare testimonial locali d’impatto.

A chi dovrebbe essere destinata e in quali mercati specifici dovrebbe concentrarsi questa azione di visibilità?

Continuo a pensare che bisogna lavorare sul trade e sugli operatori del settore. Ingaggiare personalità americane di spicco nella beverage industry che possano spiegare in maniera chiara la necessità e l'importanza dei nostri prodotti. Qualcuno in grado di raccontare che gli italiani hanno inventato l’aperitivo e che è impossibile un Negroni senza un vermouth italiano!

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