Arrampicato sulla scala, scalpello in mano, un muratore gratta i mattoni rossi a uno a uno: e pian piano il muro acquista il look inconfondibile delle aree industriali rimesse a nuovo, vecchie ciminiere e design ultramoderno, formula vincente nei distretti creativi di New York o Helsinki, Londra o Berlino. Siamo a Mosca, però: le zone industriali occupano un quinto della città, immenso patrimonio che si schiude man mano che il comune trasferisce la produzione fuori porta.
Ma l'era post industriale qui è giovane, le aree dismesse di cui il mondo della cultura si impadronisce per dare sfogo alla creatività sono realtà recenti, isole che la città ancora non sa bene come accogliere. «Nascono in luoghi che ormai erano non-luoghi, spazi fuori dal tempo – dice Serghey Nikitin, professore universitario di Architettura e storia di Mosca – fabbriche sprofondate in una città per cui non avevano più alcuna importanza, relitti di un'altra epoca».
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