Studi e Ricerche

Secondo le previsioni del Centro Studi di Confindustria (CSC), l’andamento del PIL italiano nel 2023 (+0,4%) è in netto rallentamento rispetto alla media del 2022. Ma è più favorevole di quanto ipotizzato appena qualche mese fa, quando si prevedeva una variazione annua nulla dell’economia italiana. Nel 2024, invece, grazie al rientro dell’inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale, si registrerà una dinamica migliore anche in Italia (+1,2% annuo).

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La revisione al rialzo per il 2023 rispetto allo scenario CSC di ottobre scorso (di +0,4 punti), è spiegata interamente dall’andamento migliore delle attese nella seconda metà del 2022, nonostante lo shock energetico: ciò ha alzato l’eredità positiva lasciata al PIL del nuovo anno. In particolare, nel 4° trimestre 2022 l’Italia ha limitato al minimo l’aggiustamento al ribasso. Il sentiero del PIL, però, non è rettilineo: si stima che l’economia italiana abbia subito ancora una lieve contrazione nel 1° trimestre 2023, a causa soprattutto degli effetti ritardati dell’inflazione sui consumi e di una pausa degli investimenti dopo il balzo a fine 2022.

Dalla seconda metà del 2023, l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e una limatura ai tassi di interesse dovrebbero favorire una dinamica positiva del PIL fino alla fine del 2024. Un profilo di crescita moderato, ma superiore, di poco, alla media pre-crisi grazie ai primi effetti positivi di investimenti e riforme del PNRR sul potenziale di espansione della nostra economia.

Consumi e investimenti rallentati nel 2023… I consumi delle famiglie italiane rimarranno quasi fermi in media nel 2023 (+0,2%), al di sotto del trascinamento ereditato grazie alla buona dinamica nella parte centrale del 2022. Anno in cui il reddito disponibile reale ha limitato i danni, nonostante il balzo dell’inflazione (si veda il Focus 1) ed è stato utilizzato gran parte dell’extra-risparmio spendibile, lasciando poche risorse al 2023.

Quest’anno, inoltre, i tassi più alti per mutui casa e credito al consumo giocheranno contro la spesa per beni e servizi. Solo in seguito, sulla scia della lenta discesa dell’inflazione e, quindi, di un recupero del reddito reale, i consumi torneranno a crescere, dalla seconda metà del 2023 e, con più slancio, nel 2024.

Anche gli investimenti totali sono previsti crescere poco nella media del 2023. I motivi sono il ripiegamento delle agevolazioni fiscali in campo edilizio e l’impatto delle condizioni di finanziamento più stringenti. Il dato annuo nasconde, come per i consumi, un avvio molto debole del 2023 e una successiva ripresa, che poi proseguirà più speditamente nel corso del 2024. Ma i ritmi resteranno molto sotto la grande vivacità registrata nel 2022, legata proprio al boom degli investimenti in costruzioni.

… così come export e import. Nello scenario CSC, sia le esportazioni italiane di beni e servizi che le importazioni, dopo la forte espansione nel 2022, non sfuggiranno al generale rallentamento nel 2023. Che è dovuto, per i flussi con l’estero, soprattutto all’indebolimento del contesto internazionale. E il 2024 andrà solo poco meglio, tornando sui ritmi medi di crescita del periodo pre-Covid.

I motivi della straordinaria performance dell’export italiano lo scorso anno, nonostante lo shock energetico, nettamente migliore di quella di partner europei come Germania e Francia, sono analizzati nel Focus 4 di questo Rapporto: base manifatturiera rafforzata, ampia diversificazione nei prodotti e lungo le filiere di produzione, miglioramento competitivo nei costi e nella composizione qualitativa. Questa forza dell’export aiuta a spiegare, in generale, la grande resilienza mostrata dall’industria italiana nell’annus horribilis sul fronte dei costi che è stato il 2022. Ma ha inciso anche la solidità mostrata dalle PMI, qui analizzata nel Focus 6, e la tenuta dei margini in alcuni settori della manifattura che ha reso possibile alimentare produzione e investimenti.

Particolare attenzione occorrerà prestare alla perdita di competitività cui sono esposti i settori energy intensive che, più di altri, hanno contribuito alla riduzione dei consumi di energia lo scorso anno contraendo la produzione (si veda il Focus 2). I prezzi dell’energia, sebbene decisamente più bassi dello scorso anno, rimangono storicamente elevati e più alti di quelli registrati in molte economie fuori dall’Europa. L’occupazione in Italia ha beneficiato nel 2022 di tale solidità dell’economia, crescendo molto, quasi come il PIL nella media dell’anno, pur con ampie differenze tra settori in termini di intensità di lavoro.

Ed è attesa restare agganciata al ritmo di crescita dell’attività economica anche nel 2023 (+0,4%), ma rimanere un po’ sotto l’anno prossimo (+0,8%), quando si prevede comincino a manifestarsi nel sistema produttivo gli efficientamenti conseguenti all’attuazione del PNRR. La maggiore spesa per interessi, dovuta ai rialzi dei tassi, peggiora anche i conti pubblici italiani. Anzitutto il deficit, che si assesta al 7,9% nel 2023 e poi cala a 5,0% nel 2024. Il deficit, peraltro, è ora stimato più ampio fin dal 2021 a seguito della recente revisione contabile relativa agli incentivi per il settore edilizio. I tassi più alti e il debito pubblico in aumento (fino al 147,9% del PIL nel 2024), restringono gli spazi di manovra sul 2024, anche perché torneranno ad operare i vincoli del Patto di Stabilità e Crescita.

Scarica il Report completo a questo link.

 

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